A causa del maltempo (una grande e improvvisa nevicata, un violento temporale, un qualche sciopero, semplicemente una serie di guasti) può capitare di finire in emergenza. Può mancare per qualche tempo l’acqua, oppure l’elettricità, oppure essere isolati senza possibilità di comunicazioni. Come si vive senza acqua e senza luce isolati in campagna? E che cosa si può fare per prevenire simili problemi?
Le nostre case di campagna non sono attrezzate per un’autosufficienza completa, come modestamente lo erano le case dei contadini decenni fa: come lo sono – per esempio nei grandi silenzi americani – le abitazioni dei solitari. Chi ha ancora il pozzo per attingervi acqua? E se c’è, è davvero acqua potabile con le infiltrazioni che ci sono, con l’irregolarità con cui vi si attinge? Quanti hanno un proprio generatore di corrente elettrica (non parliamo della dinamo mossa dalle pale del mulino che pescano nel torrentello, nè di una centralina eolica, ma semplicemente di un banale motore-trasformatore per intervenire in caso di urgenza?
Per la luce, è banale dirlo, è bene avere un assortimento di candele, una almeno in ogni stanza, in un posto facilmente reperibile, con accanto una scatola di zolfanelli. Oppure lampade a petrolio (si trovano ancora nei negozi di ferramenta e sui mercati), con il livello del serbatoio periodicamente controllato. Oppure ancora lampade a gas, con la bomboletta. Per non parlare di qualche torcia a pila per l’emergenza (ormai si vendono anche i rigeneratori di pila, che funzionano bene e non c’è più il problema di trovarsi con le batterie scariche).
Per l’acqua, a chi ha fatto il boy scout, hanno insegnato a sciogliere la neve: ma l’acqua manca anche d’estate: si può far montare un serbatoio di 100-200 litri in qualche angolo protetto del sottoscala o della cantina, collegato alla rete idraulica di casa e all’acquedotto, munito di una membrana che impedisca all’acqua del recipiende di defluire nell’acquedotto in caso di panne, e che possa essere inserita nella rete dei tubi di casa con il comando di un rubinetto in caso di necessità.
Più drammatico in inverno, con l’interruzione dell’energia (e dell’acqua), è il caso del riscaldamento: anche gli impianti a gasolio o a metano si fermano Sono invece immuni da crisi di questo genere le stufe a cherosene e soprattutto le tradizionali stufe a legna o a carbone, alcuni modelli delle quali, le cosiddette termocucine, oltre a scaldare l’ambiente in cui si trovano e a permettere la cottura dei cibi, sono congegnate in modo da portare riscaldamento ad altre stanze. Poi ci sono i caminetti, dal calore più tenue ma affascinante. E per i letti freddi, i nostri nonni ci hanno insegnato l’uso dei bracieri, delle bottiglie di acqua calda, dei mattoni o delle pietre arroventate sul fuoco e di tutta una serie di aggeggi soprannominati preti o monache, da infilare tra le lenzuola umide se non ghiacce.
Combattere freddo, mancanza di energia o di acqua con questi rimedi antichi e desueti può sembrare civetteria o snobismo, finchè non capita che la tecnologia e l’organizzazione in cui siamo immersi fino al collo vadano in tilt. Grazie a dio, sindaci e assessori, burocrati e municipalizzati, sindacati e partiti, maltempo e caso, non sono ancora riusciti a disorganizzare le stufe o a far entrare in sciopero le candele.
Grazie per l’attenzione, ci risentiamo al prossimo rimedio della Nonna, continuate a seguirci!