La cucina era il luogo centrale della casa contadina: qui si trascorreva il tempo che non si passava nei campi o nelle stalle, e grazie al camino sempre acceso era il luogo più caldo e illuminato. Attorno al camino si raccoglievano le donne che filavano la canapa o il cotone, che cucinavano o mettevano ad essiccare i frutti di stagione. Dentro il camino un grande paiolo di rame con dell’acqua calda pronta per essere utilizzata, davanti alle fiamme scoppiettanti si raccontavano storie, si educavano i figli, si pregava.
Il menu d’ogni giorno consisteva in piatti semplici: polenta con aringhe o formaggio, minestrone con le verdure dell’orto, riso con latte, pane giallo, uova e caffè d’orzo. In rare occasioni si mangiava carne. In quel mondo ogni oggetto o alimento che entrava in casa era prezioso ed era il frutto di un duro lavoro e di continui sacrifici. Il vino poi era la bevanda più preziosa anche perchè spesso scaldava il cuore e alleviava le fatiche quotidiane ottenebrando le menti e rendendo più accettabili i vari obblighi di cui ci si doveva caricare per non morire di stenti e mantenere la famiglia. Lo spettro della fame era sempre alle porte e il linguaggio rispecchia questa continua paura della miseria tramandando per il cibo una sorta di rispetto sacro.
Nessuno ha tanta sete come l’ubriaco. Cioè anche anticamente si riconosceva la capacità del vino di indurre dipendenza oppure anche la tendenza dell’uomo di desiderare sempre di più ciò che non si ha o non si può avere.
Quando mangi correndo muori prima del tempo. Motto paradigmatico contro il fast food.
I carciofi si mondano una foglia alla volta. Invito a prendere le cose con calma e con gradualità.
E’ meglio il vino caldo che l’acqua fredda. Ovvero nel confronto con l’acqua il vino vinceva in ogni caso.
Essere ubriachi come una spugna/come una zuppa. Ovvero essere ubriachi fradici.
Per una sete trascurata si può morire rabbiosi. Era l’incitamento all’oste a versare dell’altro vino.
Chi sa il latino, loda l’acqua e beve il vino. Era il motto del bevitore che beveva anche per cultura.
La pentola guardata non bolle mai. Chi attende con impazienza qualcosa non la vede mai arrivare presto.
Fico maturo, cadimi in bocca. Detto a chi non si sforza nemmeno un po’, anche se a proprio vantaggio.
Con un pettirosso abbiamo fatto Natale. A me toccò il becco e le ali, al mio amico le unghie dei piedi. Modo scherzoso per indicare una cena molto povera.
Se avessi un pentolino olio e sale mi farei il pancotto se avessi il pane. Detto di chi fa progetti senza sostanza. Altro modo di tradurre, in formula culinaria, il famoso “dei se son pieni i fossi”.
Mangiare lingue di cardellino/zampette d’anguilla/code di lucertola. Tutte espressioni per dire che non si mangiava niente.
Fa male mangiare a digiuno. Detto ironico a chi fa lo schizzinoso per mangiare.
L’acqua fa marcire le punte dei pali. Detto comune in quelle città, come Venezia, che fondavano l’esistenza del loro abitato su strutture palafitticole, da cui l’estrema importanza che i sostegni, i pali, non fossero marci. Ironicamente è una lode al vino, che non produce le nefaste conseguenze che causa l’acqua.
Il vino buono non ha bisogno di frasca. Un tempo per segnalare la presenza di un’osteria si metteva fuori a mò d’insegna una frasca, un ramo fresco con foglie.
Con la fame il pane duro si ammorbidisce. Quando si ha fame, qualsiasi cosa sia commestibile va bene.
Quanto il contadino mangia la gallina, o sta male il contadino o la gallina. Detto che sottolinea la parca mensa dei contadini che si arrischiavano a uccidere una gallina, che poteva dare uova e far prole in pollaio, e a mangiare carne, considerata cibo prelibato e costoso, solo in caso di malattia o se l’animale era morto di morte naturale o per malattia.
Sacco vuoto non sta in piedi. Quando una persona non mangia non può aver forze per lavorare.
Chi va a letto con la pancia vuota, non c’è pulce che senta. La fame è un gran tormento e acuisce tutte le altre pene, anche quelle più insignificanti.
Andare a letto con la Madonna. Cioè senza cena, digiunando.
Fuori pompa, in casa fame. Detto di chi si mostra abbiente alle persone ma in casa non ha da mangiare.
Per molti mali è una buona medicina lo sciroppo che vien dalla cantina. Il vino cura spesso molte malattie – o almeno così si credeva in una società che dava poco affidamento alle cure mediche.
A chi non piace il vino il Signore faccia mancare l’acqua. Modo di dire scherzoso di chi difende il vino come bevanda principale al pari dell’acqua.
Buon vino, tavola lunga. Chi offre del vino buono può contare sulla compagnia di numerosi ospiti.
Il caffè è buono con tre esse: seduto, scottante e scroccato. Il caffè migliore si prende da seduti, ben fumante e possibilmente se te lo offre qualcun altro.
Fatto bene o fatto male, dopo il contratto si beve il boccale. Ogni buon contratto deve essere suggellato da una bevuta conviviale.
Nasce il riso in acquitrino ma morir vuole nel vino. Un bel risotto deve essere accompagnato da un buon vino.
Se vuoi che vengan bene i tuoi lavori, acqua ai mattoni e vino ai muratori. Ci si accaparrava la simpatia dei muratori offrendo durante le giornate di lavoro cibo e vino e sperando che prendessero a cuore il lavoro che facevano. A volte però il troppo vino non dava i risultati sperati…
Casa paterna, vino del nonno, sono le due cose più buone del mondo. Il gusto dei sapori di casa è insuperabile.
L’uomo si riconosce in tre maniere, in collera, alla borsa e al bicchiere. Quando un uomo è arrabbiato, o deve trattare questioni economiche, o è a tavole, spesso risulta il suo vero carattere.
Vino e calura fiocca sicuro. Non è consigliabile bere vino durante i giorni caldi, perchè provoca stanchezza.
Mandare a casa di san Stefano. Cioè mandare indietro un piatto lucidato, perchè si è divorato tutto completamente.
Carne fa carne, vino e pan fan buon sangue. Monito per un’alimentazione dei tempi passati, dove la carne compariva rare volte se non mai e si traeva sostanza dai cereali e dal buon vino.
Mangerebbe i piedi di san Cristoforo. Cioè dalla fame divorerebbe anche le reliquie di un santo!
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