Proverbi e modi di dire

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La parlata popolare è ricca di espressioni colorite tratte per lo più dalle esperienze di vita quotidiana a contatto con la natura; l’evolversi delle stagioni, le conoscenze tramandate di padre in figlio sulle tecniche di lavorazione dei campi e di allevamento del bestiame, il ciclo di crescita delle piante, il comportamento animale, ogni realtà veniva scrutata e umanizzata e serviva da lezione ai contadini che, seppur analfabeti e lontani dalle conoscenze accademiche anche basilari, dimostravano una grande perspicacia e un’ironia degna di un saggio nell’interpretare il mondo. Ecco quindi una piccola raccolta dei modi di dire più comuni e pregnanti, tutti accomunati dal metodo fulmineo e determinato in cui riescono a circoscrivere e a descrivere un evento.

Può far sangue una rapa? Puoi pretendere da un incapace un atto di gentilezza e considerazione?

Di una figlia cento nuore. Generalmente si dice che fa di una figlia cento nuore chi promette a tanti di vendere o donare la stessa e sola cosa.

La cera si consuma e la processione non cammina. Si dice di quando un qualcosa non va avanti, non fa progressi.

Da quando il mondo è mondo. Da sempre.

Conta quanto il due di briscola. Vale poco o niente.

Chiami il diavolo e spuntano le corna. Detto di chi capita a proposito.

Ci si rimette unguento e pezze. Cioè tutto.

E’ così vero che la rana ha il pelo. Detto di qualcosa che è evidentemente falsa, come il fatto che la rana sia dotata di pelliccia.

Non tutte le ciambelle riescono con il buco. La perfezione non è di questo mondo.

Essere al verde. Non avere soldi, nemmeno quelli per comprare le candele che erano segnate con colori diversi a seconda del grado in cui erano consumate e che alla fine arrivavano al colore verde.

Campa cavallo che l’erba cresce. Detto di qualcosa che si attende ma non arriva mai a tempo debito.

La forbice vive di carne di stupido. O anche ‘hai capito che l’accetta taglia?’. Espressioni che si usano quando qualcuno si fa del male con oggetti di uso comune per spronare a fare attenzione quando si maneggiano oggetti taglienti.

Son cavoli miei, son cavoli tuoi, son cavoli suoi. Ognuno è autore della propria sorte.

Il peggio è scorticare la coda. Le difficoltà sono sempre alla fine dell’impresa.

L’erba voglio non nasce neanche nel giardino del re. Non si può sempre ottenere tutto!

Tornare con le pive nel sacco. Cioè umiliati e delusi. Originariamente era detto dell’esercito sconfitto che tornava appunto con le trombe di guerra nel sacco, senza far squillare il segno di vittoria, ma poi il detto passò a indicare il ritorno degli zampognari che andavano a mendicare nei paesi più a valle e che, se avevano ricevuto pochi doni, nei sacchi avevano posto anche per le pive, cioè per le zampogne.

Andare in malora. Andare in miseria, in perdizione. Le malae horae erano i momenti brutti, funesti. Anticamente si credeva che fossero le ore dalle 2 alle 4 del mattino, quelle in cui la notte era più fonda e avvenivano i peggiori misfatti e le morti erano più numerose.

Questioni di lana caprina. Si dice di questioni che costano solo fatica e non apportano nessun risultato concreto e valido, come il coltivare la lana di capra che era difficile da tosare, da filare e che nessuno metteva volentieri in quanto pungente.

E’ una babilonia! E’ una gran confusione.

Andare a Ramengo. Amarengo era un paese vicino ad Asti, sede di un temuto tribunale e di un carcere duro dove venivano puniti i delinquenti più pericolosi. Ma c’è anche un’altra versione che vuole che chi ha perso tutto e quindi è in uno stato di disgrazia completa sia assimilabile agli uccellini che scendono per la prima volta dal ramo, ramenc in provenzale, e che quindi sono abbandonati e si mostrano smarriti e costretti a vagabondare per il mondo.

Fare di ogni erba un fascio. Non fare i dovuti distinguo nelle cose.

L’articolo continua alla pagina seguente!

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